Le opere

Opera
ACCADIMENTO IN ALTO MARE
OLIO SU TELA  45 X 35
Opera
AL MERCATO
ACRILICO SU TAVOLA  35 X 25
Opera
CABINA N° 4
ACRILICO SU TAVOLA  27 X 32
Opera
DIETRO AL CIRCO
OLIO SU TELA 35 X 50
Opera
GIOCOLIERI
ACRILICO SU TAVOLA 30X50
Opera
IL TUFFO
OLIO SU TELA 35X30
Opera
L'ACCADIMENTO
OLIO SU TELA 32 X 27

PROCOPIO Pino

Biografia

PINO PROCOPIO
BIOGRAFIA
1954
Pino Procopio nasce a Guardavalle (CZ) il 16 giugno, lo stesso anno che vede i natali della televisione italiana, ma, a differenza di questa egli nasce già a colori. Il padre che, in quel periodo gestisce un negozio di elettrodomestici, tenta di venderlo ma la madre si oppone energicamente.
1957
Durante la frequenza della scuola materna della sua città è attratto dall'argilla che circonda l'edificio, con la quale modella sculture neoprimitive.
1960
Guarda la scuola elementare con un certo distacco, dall'esterno e ben nascosto.
1963
Finita la terza elementare decide di parlare il meno possibile ma di pensare molto. Alle scuole medie viene punito per aver realizzato una serie di disegni erotici.
1970
Frequenta i primi due anni del liceo artistico nella ventosa città di Catanzaro, (il vento!). Legge.
1971
Dovendo scegliere tra Friedrich Nietzsche, Julius Evola e un cavalletto da pittore opta senza alcun indugio, per quest'ultimo, molto più divertente e perché ci si può parlare con molta chiarezza.
1974
Terminati gli studi liceali, s'iscrive alla facoltà di architettura: Valle Giulia! Ormai noiosa e piena di polvere.
1975
Durante una giornata di forte vento, mentre attraversa Piazza del Popolo a Roma, un foglio con il suo indirizzo e numero telefonico, carambolando sull'obelisco va ad appiccicarsi sugli occhi di una gallerista romana. Durante la permanenza nella capitale frequenta le varie gallerie e fa la conoscenza di numerosi artisti veri, ma anche finti, questi ultimi riconoscibili dall'abbigliamento molto, molto strano.
Durante la grande mostra delle opere di Van Gogh, alla Galleria d'Arte Moderna, si mette in fila per ore, ma per ammirare gli stupendi dipinti di Antonio Corpora esposti al piano sottostante.
Scrive due poesie, la prima dedicata ad un maestro di vita, l'altra al profondo mare di Calabria, delle quali ci risparmia, gentilmente, la pubblicazione.
1980
Mostra personale al Centro d'Arte "La Bitta" Roma.
1981
Mostra personale al Centro d'Arte "Mondrian" Roma.
1982
Mostra personale alla Galleria "Oro del Tempo" Roma.
1983
In una frizzante giornata di marzo, dopo aver terminato gli studi universitari, sentendosi disponibile e generoso, sposa una ragazza che, il giorno prima, l'aveva salutato da un treno in transito.
Mostra personale alla Galleria "La Riva" Giulianova (TE).

Da allora numerose Gallerie e spazi pubblici hanno ospitato sue mostre personali, accrescendone la fama su tutto il territorio nazionale e, soprattuto in ambito internazionale.

Oggi Procopio lo si può vedere passeggiare nel suo studio con le mani in tasca, egli ha un pensiero fisso: perché i pesci non salutano mai?

 

TESTO CRITICO

 

Vedere la realtà, oltre le cose.



Mentire, con garbo, è un’arte;
dire la verità, è agire secondo natura.
Oscar Wilde




Entrare con lo sguardo dentro un dipinto di Procopio significa accedere, involontariamente, senza rendersene conto – ovverosia senza innescare farraginosi processi di elaborazione mentale - in un mondo baluginante e veniente, disinvolto ed immaginario, dove la bugia (che in questo caso specifico - di connotazione pittorica - corrisponde con la non aderenza sincronica di ciò che è rappresentato visualmente, con quanto è davvero presente nella realtà) non è da intendere come una falsa asserzione visiva, ma come una gaia proiezione fantastica - leggasi pure come uno strambotto decorativo - che non corrisponde ad altro che ad una fandonia sequenziale e beffarda, appositamente creata dall’artista, ma talmente evidente che non può produrre nessun danno, in taluno, che non sia il suo sorriso, il suo ghigno e la sua allegria.
Ne deriva che la realtà è per quest’artista un’espressione sarcastica, ironica, provocatoria, ludica, disimpegnata e pungente: dalla quale egli sente il bisogno di attingere, in maniera costante, per vivere la vita senza preclusioni e spoglio di preconcetti, sfornito cioè d’ogni tabù, insomma con solenne e fiera levità intellettuale.
Così in “Dietro al circolo” (olio su tela 35x50) Procopio rompe il rigore e lo stile umbertino della figura maschile in primo piano, con il disincanto, istintivo e naturale, delle giraffe poste sullo sfondo e con l’incredulità, lo stupore e lo scetticismo delle altre due presenze umane che sono, altresì, contenute all’interno del quadro.
In “Cabina 4” (acrilico su tavola 27x32) l’artista gioca con l’ambiguità, il dubbio e l’incertezza mettendo di fronte, dentro un corpo di donna, l’asprezza e l’inquietudine d’un profilo umano (tanto duro da sembrare maschile) con la giocondità e con la spensieratezza complessiva dell’intera silhouette femminile: sospesa a pelo d’acqua, affianco ad una cabina balneare.
La pittura di Pino Procopio s’inserisce, a pieno titolo, in quel filone dell’arte contemporanea internazionale in cui albergano, nelle figure ritratte (in maniera satirica, se non addirittura cinica e volutamente sprezzante, ma comunque rispettosa della dignità umana): realtà e disincanto, vanità e scetticismo come, ad esempio, negli artisti Mino Maccari, Franz Borghese e Fernando Botero.
Quattro artisti, quattro differenti scuole di pensiero, che hanno come comune filo conduttore, come fil rouge, la volontà di voler rappresentare, nelle loro opere, il contrasto stridente che esiste tra la realtà autentica della vita (quella cui ognuno vorrebbe appartenere, per sempre) ed il mondo delle ampollosità evanescenti della società: quelle che - con i loro capziosi trucchi dell’Essere - vestono la materialità dei fatti con l’inganno dell’Apparire, a tutti i costi, e con l’insidia dell’Avere e del Possedere, al di là di tutto e al di là d’ognuno.
La singolarità assoluta di Procopio sta nel vedere la realtà, che lo circonda, con occhio assolutamente pratico e disincantato: a tal punto da riuscire ad anteporre, sempre e comunque, nella sua pittura, alla sua volontà di denuncia (d’una società ricca d’assurdità e paradossi) la propria verve creativa e artistica, che si fonda – per un coraggioso gioco delle parti, da lui condotto magistralmente – sull’illogicità delle prospettive pittoriche, sull’irragionevolezza delle forme, sull’incongruenza della materia e sui controsensi cromatici che fanno da contrasto armonico allo sfolgorio dei singoli colori adoperati dall’artista. È evidente – ripetiamo - che si tratta di un gioco: di un assurdo ma meraviglioso ed accattivante, gioco delle parti; quasi come se si fosse sempre al circo od in mezzo alla strada, insieme con funamboli, acrobati, equilibristi, giocolieri, fantasisti, prestigiatori d’ogni genere, saltimbanchi ed artisti di via.
Così in “Giocolieri” (acrilico su tavola 30x50) dove un festoso trampoliere - in sospeso nell’etere azzurro ed a puà rossi - tenta di trovare il segreto della sua leggerezza esistenziale contrapponendosi, con la gaiezza del suo movimento delle dita e delle mani, alla legge di gravità terrestre. La figura che gli sta affianco è un ulteriore inno all’equilibrio, posta com’è su di un velocipede che farebbe tremare di paura, se non pure sconquassare di risate (si fa per dire) il fabbro scozzese Kirkpatrick Mac Millan che nel 1840 inventò questo complesso arnese.
Anche nell’opera “Il tuffo” (olio su tela 35x50) Procopio sfida, con le sue simmetrie fantastiche, la normale legge di gravità, tenendo in sospeso una figura maschile di bagnante, al di sopra d’una donna, distesa su un materassino gonfiabile: non senza qualche timore, da parte sua, per il peso che parrebbe abbattersi sopra, quando in realtà l’uomo vive, intensamente, il piacere del volo e galleggia (in maniera incomprensibile e del tutto eccezionale) nello spazio, sembra sfruttando – come in realtà non può, visto il suo peso - le correnti ascensionali, che sono presenti in natura.
Quella di Procopio è dunque un’arte di pure e pie illusioni: le quali proiettano i suoi fruitori – com’è stato già scritto in passato - in una dimensione surreale, mordace, sferzante e pungente. Una realtà in cui l’arte, come sosteneva Oscar Wilde, ha ragione di essere - e di farsi - pura menzogna, se vuole perpetrare la sua stessa esistenza.
E non è tutto. È solo con l’artificio artistico e con la finzione creativa, che si può svelare la vera illusione, che veste la realtà. Insomma, per quanto irritante può sembrare e può essere, è solo operando una deformazione completa della verità e della realtà, che si possono sgretolare le contraddizioni che s’insinuano nelle pieghe della natura e della società.
La lezione di Oscar Wilde è, dunque, identica a quella di Pino Procopio: artista eclettico, versatile ed eterogeneo, dall’infanzia sofferta e dall’adolescenza profondamente creativa, che nella sua arte traspone la sua penetrante esperienza esistenziale, spaziando dalla pittura, alla scultura ed investendo la storia (quella con la esse maiuscola, quella che sfugge ai più) della piena responsabilità di raccontare l’animo umano, al di là dei fatti e con grande umorismo, comicità, senso critico, distacco, irrisione e con quel pizzico di beffa che se ben dosato, non dispiace mai. E che piace ai più.



Rino Cardone –

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