Le Mostre del 2013

Immagine mostra
El tiempo es la sustancia
Opere di Ennio Calabria

LA MOSTRA DEL MAESTRO ENNIO CALABRIA

FRA GLI EVENTI DEL MAGGIO POTENTINO 2013

Domenica 19 maggio, alle ore 18.30, negli spazi potentini della Galleria Idearte, al n. 75 di Via Londra, sarà inaugurata la mostra :

 El tiempo es la sustancia – Opere di Ennio Calabria.

Il vernissage, alla presenza esclusiva dell'artista, prevede l'intervento del critico d'arte Rino Cardone, che ha curato il testo di presentazione in catalogo, e la partecipazione del Sindaco della città di Potenza, Vito Santarsiero, che introdurrà la mostra quale evento facente parte della programmazione del Maggio Potentino 2013.

L’esposizione raccoglie una significativa selezione di ventotto opere, tra tele e pastelli, di recente produzione del Maestro Ennio Calabria considerato uno dei più rappresentativi artisti internazionali contemporanei.

La mostra, a cura di Grazia Lo Re e Pino Nicoletti, sarà visitabile tutti i giorni nei seguenti orari: 11.00 –13.00/17.30 – 20.30, fino al 19 giugno prossimo.


 

EL TIEMPO ES LA SUSTANCIA

Opere di Ennio Calabria



 

Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume;
è una tigre che mi divora, ma io sono la tigre;
è un fuoco che mi consuma, ma io sono il fuoco”.
Jorge Luis Borges, Nueva refutacìon del tiempo, in Otras inquisiciones, 1960



 



 

L’impegno civile, etico e morale dei grandi “testimoni” del nostro tempo (primi tra tutti gli artisti impegnati e gli intellettuali militanti, come Ennio Calabria) si fonda, oltre che sulle dinamiche evolutive della società e sull’enfasi della verità (per usare le parole di Cicerone) anche sulla forza, articolata e complessa, della forma e della sostanza, con cui si esprime il messaggio creativo e con cui si mette a nudo la realtà, usando gli strumenti della semantica (per esprimere i contenuti di un’idea) e dell’estetica (per formulare la comunicazione di una proposta).

E ognuna di queste realtà (verità, forma e sostanza) fa capo su ciò che il filosofo cileno Humberto Maturana definì come il potere autopoietico dei processi intellettivi: della conoscenza e della comprensione, dell’apprendimento e del sapere. La forza intellettuale, in questione, consiste in una sorta di dimensione palingenetica (rigenerante e rigenerativa) che non si esaurisce mai. E che è stata esplorata, al massimo grado, in tanti anni di attività artistica, da Ennio Calabria.

Ciò che lui cerca, attraverso la sua arte, è in buona sostanza la conformazione esatta di quell’energia vitale che si genera dalle zone più profonde del senso dell’essere (corrispondente con le dinamiche della filosofia) che una volta giunte a ridosso, attraverso l’elaborazione del “pensiero liquido” (nella definizione che ne da’ il sociologo polacco, Zygmunt Bauman) delle aree della fantasia e della creatività, dell’immaginazione e dell’utopia, si “contaminano” con gli spazi soprasensibili della mente, che sono assai vicini alla logica del trascendente e che sono altresì: sia espressione dello spirito umano e sia, anche, manifestazioni percepibili dell’anima razionale dell’individuo.

Ed è proprio da qui che prende le mosse, il senso aulico e solenne dell’Arte che se, nell’immediato, premia “non il bello in assoluto ma quello del momento” (cit. Zygmunt Bauman) sulla distanza esalta, invece, la sostanza del sublime, che mai si esaurisce. E che mai si dissipa, bensì si evolve. Perché l’arte nasce dall’arte (secondo il criterio dell’evoluzione degli stili indicato dallo storico tedesco Johann Joachim Winckelmann) e dal bisogno di conoscere la vita, per consegnare (questa è la visione dello scrittore francese André Malraux) tutte le esperienze e tutte le scoperte che si fanno, alla storia degli uomini e all’Assoluto trascendente.

Tutto parte, in definitiva, nella ricerca pittorica di Ennio Calabria, da quei topoi antropici (che corrispondono con i simboli tout court e con i “disegni” della mente) che “esplorano” e che “rappresentano” la realtà dal punto di vista ontico, ontologico e gnoseologico. Essi sono annidati (in forma archetipa) tanto nell’inconscio collettivo (dove sono contenute, secondo Carl Gustav Jung, tracce delle esperienze primordiali) e tanto nell’animo, nell’indole e nel carattere del singolo individuo. Ed è poi nella pratica artistica e intellettuale che essi (i topoi antropici) si mischiano con le potenzialità intellettive dell’essere umano, mediante le quali l’individuo riesce a percepire: la dimensione del sensibile e dell’impercettibile, le rappresentazioni del tangibile e dell’immateriale e i valori del concreto e dell’astratto.

E non basta. Questi stessi “disegni” della mente (che fanno capo alle funzioni fondamentali dell’intelletto, che l’antropologo e psicoanalista svizzero Carl Gustav Jung ricondusse: al pensiero, al sentimento, alle sensazioni e alle intuizioni) sono, pure, in grado di “decrittare” la realtà: sia attraverso un uso ontologico e “positivista” della razionalità (collegata a un bisogno di verità e certezza) e sia per mezzo delle emozioni e dei sentimenti che fluttuano, liberi e sciolti (come il segno ornato di Ennio Calabria): tra la comprensione del concreto e la percezione creativa e gnoseologica dell’intangibile; tra l’accertamento ontico della realtà e l’essenza opposta dell’illusorio; tra il “nocciolo” della materia (quello che si riesce a identificare con l’uso della ragione) e l’essenza contrapposta dell’immaginario.

Si tratta, vale a dire, di territori intellettuali (che fanno capo all'esperienza sensibile) protesi verso le determinazioni empiriche e verso la fenomenologia dell’essere. Essi corrispondono, da una parte, con la “forma universale” del pensiero umano (l’archetipo) e dall’altra parte con gli spazi cerebrali della mente. Essi si sviluppano – questi stessi territori intellettuali - in perfetta sintonia e in totale assonanza di percezioni, d’idee e di conoscenze, con gli “strati” più reconditi della ragione umana. E trovano la loro stessa giustificazione d’essere: sia nell’apologo iconico, descrittivo, narrativo e carico di meraviglia della realtà umana; sia negli archetipi della fantasia (composti di una sequenza di “narrati simbolici” e di “descrizioni arcane”); sia nel lucido idealismo (a tratti visionario e in altro caso”apocalittico”) che appartiene alla filosofia e sia, anche, in quei logogrammi, ideogrammi, pittogrammi e “processi mimetici” della realtà, mediante i quali l’individuo cerca di “traguardare” (attraverso la propria “visione interiore”) oltre i limiti, immediati e contingenti, della conoscenza umana.

Ebbene, Ennio Calabria sa bene (lo dimostra attraverso la sua pittura, così morbida e accattivante, e nello stesso tempo di grande “presa emotiva” e di forte “espressione cerebrale”) che esplorando queste zone emozionali - collegate ai sensi e alla ragione - si riesce a scorgere, con gli occhi della mente, quella realtà che si nasconde “oltre le cose”. E si riesce, anche, a guardare di là da quella “porta oltre la porta” dietro la quale si celano l’Eterno e l’infinito. Ma per riuscire in questo genere di azione intellettuale e creativa, bisogna agire (Ennio Calabria lo fa con l’estrosità di una pittura, al tempo stesso, romantica e seducente) oltre che con le parabole pragmatiche dell’intelletto, anche con linea idealistica del cuore; in perfetto accordo con quelle aree emotive che si muovono, a loro volta, in sintonia con il senso pratico della ragione (che paradossalmente riesce a essere molto vicina, a sua volta, ai contenuti astratti dell’intelligenza umana).

Marcel Proust avrebbe definito queste zone emotive (esplorate da Ennio Calabria attraverso la sua pittura così, tanto, carica di “motivi esistenziali” e di “contenuti fenomenici”) come le intermittences du coeur, come i palpiti del cuore dell’artista: il quale, oltrepassando le condizioni sincroniche dello spazio e del tempo, riesce a convogliare l’individuo (il "soggetto fruitore") verso una più esatta considerazione di se stesso (in termini vitali) e verso quella natura metempirica e quella dimensione diacronica, che si annida dietro al suo soffio vitale (dicasi altrimenti, spirito o anima).

Ed è proprio l’anima (che potremmo definire - in maniera laica e aconfessionale - come l’entropia dell’essere o come l’energia dell’intimo se) l’oggetto (forse nascosto, inconfessato e segreto) dell’attenzione pittorica di Ennio Calabria: artista che nello “scandaglio fantastico” della realtà si muove (con piena maturità artistica e intellettuale) tra i diversi dilemmi dell'esistenza che “aggrediscono” l’individuo contemporaneo. E, cioè, egli si sposta tra una percezione di tempo assoluto e una comprensione di tempo soggettivo; tra la coscienza di essere e l’opportunità di avere; tra la tensione a “accendersi d'amore” e la parallela esigenza di riuscire a prendere piena coscienza del bene altrui. E tutto questo avendo, sempre, di fronte l’assioma che fu di Paul Gauguin, quello in cui l’artista parigino, dell’Ottocento, si chiedeva - per conto di tutta l’umanità - in una sua opera: “Chi siamo? Dove andiamo?”.

Una domanda, questa, alla quale solo l’artista avveduto - come nel caso di Ennio Calabria - è in grado di dare una risposta certa, possedendo il pittore, come il poeta, lo scultore e il musicista (insieme alla parola della Parusia Profetica che si manifesta di Era in Era) le necessarie chiavi escatologiche, che possono “disserrare” la porta che chiude ai misteri della vita, anche quelli più reconditi, che appartengono al fato, alla sorte e alla predestinazione (nel caso del singolo individuo) e all’origine dell’universo e al destino ultimo del pianeta, nel caso dell’umanità intera.

E il messaggio che ci consegna Ennio Calabria (in questa “cornice creativa” di una ricerca escatologica ed epistemologica rivolta a scoprire il senso più profondo dell’essere e della realtà) è di un individuo contemporaneo confuso, sbandato, ma anche “mescolato”, “impastato” (lo è nella stessa identica misura) con la solitudine e con il conformismo. E quello che egli denuncia in particolare, è che ci troviamo, oggi, alla presenza di un individuo che, purtroppo, è in gran parte incapace di comprendere quei dinamismi di trasformazione che “abitano” (come energie attive ma silenti) le nostre affollate dimensioni metropolitane.

Ennio Calabria conosce, inoltre, molto bene, le modalità esistenziali che muovono la persona, possedendo un temperamento creativo, fuori dal comune, che “scava” le complessità del mondo, con il terzo occhio dell’artista. Ed è per siffatta ragione che quest’artista non si ferma a una lettura superficiale: tanto della storia, tanto degli svolgimenti degli eventi e tanto, anche, del tessuto sociale che caratterizza oggi il pianeta. Ma va ben oltre. E lo fa perché conosce le dinamiche economiche, sociali e culturali che caratterizzano l’intero consorzio umano. In questa maniera Ennio Calabria dimostra, con la sua arte pittorica, di essere un individuo creativo complesso, poliedrico e in grado di comprendere (ma anche di mostrare e di segnalare) con forza, quando necessario: le trasformazioni e gli immobilismi, i mutamenti e le inazioni, che contraddistinguono la società contemporanea, che si è affacciata, da poco, sul terzo Millennio.

Riteniamo che stia in tutto questo la forza creativa di Ennio Calabria, che nella sua pittura (così eterogenea e articolata sul piano della struttura compositiva, e immediata e coinvolgente a livello di codice espressivo) ci mostra la realtà delle cose, facendosi forte di una rapidità esecutiva e di un’immediatezza cromatica, in grado di generare (nella mente di chi osserva) altre forme che appartengono (in quest’altro caso, che segue all’impulso e all’atto creativo) a lui e a lui soltanto (e cioè al “soggetto fruente”) e non più all’artista che le ha generate, prima ancora che il primo pensiero costruttivo si potesse formare in lui.

La grande forza espressiva e comunicativa di Ennio Calabria sta, in breve, nella sua capacità di riuscire a produrre (sul piano prospettico dell’opera) delle sagome e delle figure, che fanno nascere (a livello di suggestione mentale, in chi le osserva) dei pensieri, dei concetti, dei moti dell'animo, delle opinioni e delle idee, che vanno nella direzione di voler raggiungere una sempre più matura comprensione del discrimine che esiste tra la dimensione introspettiva (allo stesso tempo intellettuale, metafisica e metempirica) dell’individuo e la dimensione apparente, che appartiene, invece, allo status degli usi, dei costumi e delle abitudini, che si sono consolidati nella società.

La proposta artistica di Ennio Calabria nasce nel contesto, assai confuso, della società contemporanea (sempre più involuta, in se stessa, in termini di relazioni umane) che - giorno dopo giorno - sta sancendo (attraverso le proprie scelte individuali e i propri comportamenti collettivi) il fallimento del linguaggio, come codice espressivo e comunicativo. E questa “distruzione” sta avvenendo, anche, al cospetto di divisioni sociali che si stanno facendo sempre più marcate e alla presenza di comportamenti (per la verità molto opinabili) che vanno verso un uso sempre più smodato di quei processi tecnologici che sono connessi (ma che non dovrebbero esserlo!) al senso estetico della bellezza e al villaggio globale della comunicazione.

Per essere pratici a questo riguardo pensiamo, ad esempio, alla realtà di Internet che ha impoverito, se non addirittura deprivato, l’individuo dei suoi metodi, consolidati, d’interconnessione relazionale, d’interrelazione comunicativa e d’interdipendenza sociale. In definitiva, il rischio che si apre dinanzi a noi (in questi giorni in cui il “sensazionalismo” pervade la scena aggregativa, specie quella dell’arte) è quella che anticipò, nei suoi saggi, Walter Benjamin (nei primi anni del Novecento) quando sostenne che “ciò che vien meno, nell'epoca della riproducibilità tecnica, è l'«aura» dell'opera d'arte”.

Ennio Calabria conosce molto bene tutte queste insidie - che provengono dalla tecnologia - e nella sua pittura pone alla ribalta quei processi creativi - elevati e dinamici - che affondano le loro radici nel logos, nell’ethos e nel pathos dei comportamenti individuali e delle relazioni umane. Con questo tipo di comportamento creativo, quest’artista (che tra i maggiori esponenti del “figurativismo europeo”) intende superare il pericolo di ridurre ogni forma di percezione intellettuale e ogni visione interiore, alla dimensione della tecnologia: che si presta (entro una visione che fa capo alle teorie del sociologo canadese, Marshall McLuhan) a “dare” in maniera “fredda” alla persona (considerata, in questo caso, come soggetto passivo) e che non si presta, all'opposto, a “offrire” contenuti “caldi” all’individuo (che solo se reso, al contrario, attore e protagonista, può dimostrare di essere un agente attivo di se stesso).

Ennio Calabria ci mette, dunque, in guardia, attraverso la raffinatezza della sua arte, dai rischi della modernità. E lo fa, non stigmatizzando il peggio che appare dalla società umana, ma esaltando, all’opposto, i processi creativi (quelli più aulici ed esaltanti) del disegno e della pittura. Processi, questi, che sono infiniti e che sono, altresì, in grado di farci apprezzare, in maniera corretta (con l’uso dei segni e del colore) le dinamiche più recondite dell’indole umana; quelle che solo l’artista, in generale, riesce a “penetrare” (restando sempre se stesso!) facendosi forte della sua natura romantica, appassionata e idealista. Si tratta di una “carica di vitalità”, grinta e dinamismo, che nella pittura (così, aulicamente, “incantata” e “visionaria”, “sognante” e “sognatrice) di Ennio Calabria, si fa, anche, atteggiamento critico, polemico, in grado di “scardinare” la realtà, per dimostrare la bontà di una delle grandi verità concettuali del nostro tempo, espressa da Jean-Paul Sartre. E cioè che: “L’esistenza precede l'essenza”.

Ebbene, Ennio Calabria va anche oltre questo postulato teorico della modernità storica, fino a dimostrare, con la sua arte (sulla scia delle parole e dei versi usati dal poeta argentino Jorge Luis Borges) che “El tiempo es la sustancia de que estoy hecho”. E cioè che “il tempo è la sostanza” di cui (tanto Jorge Luis Borges, tanto Ennio Calabria e tanto noi tutti) siamo certamente fatti.



 

Rino Cardone



 



 

 

Ennio CALABRIA

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