Le Mostre del 2016

Immagine mostra
LA QUARTA PARETE

 Domenica 10 dicembre, alle ore 18,00, negli spazi della Galleria Idearte di Potenza, al n. 75 di Via Londra, sarà inaugurata la mostra : LA QUARTA PARETE – Opere di Giovanni Spinazzola
Il vernissage, alla presenza dell'artista, prevede l'intervento del critico d'arte Rino Cardone, che ha curato il testo di presentazione in catalogo.
In esposizione, ancora una volta, i “pittogrammi metropolitani” del talentuoso artista lucano formatosi all'Accademia di Brera sotto la guida dei Maestri Salvatore Terruso e Natale Addamiano, che ritorna ad esporre nel capoluogo potentino con ventidue grandi opere della sua ultima interessante produzione artistica.
La mostra, a cura di Rino Cardone e Grazia Lo Re, sarà visitabile dal martedì al sabato nei seguenti orari: 11.00/13.00 – 17.30/20.00 fino al 10 gennaio prossimo.

 

 

«LA QUARTA PARETE»

La «surmodernità iconico-urbana» della pittura di Giovanni Spinazzola.

Rino Cardone.


La «tavolozza cromatica» di Giovanni Spinazzola spazia dai «colori primari» (il blu, il giallo e il rosso) fino alle mille sfumature di tinte, che fanno parte (sul piano accademico) dei colori «secondari» e «terziari». L’arancione, il viola ed il verde fungono da «contraltare» (nei suoi quadri) all’uso aranciato del rosso e del giallo, del verde-giallognolo, dell’azzurro-verdastro, del viola-bluastro e del rosso-violaceo. Le gradazioni che primeggiano in questi suoi dipinti rientrano nella «rosa allargata» dei «colori primari». In questo caso parliamo: del blu-ciano, del giallo-limone e del rosso-magenta. Essi denotano una «vena emotiva» (da parte di quest’artista) di grande «forza espressiva» e di forte «impatto emotivo».
È immediata la «presa stilistica» di queste «immagini metropolitane» (tipiche della «surmodernità iconico-urbana») di Giovanni Spinazzola che risultano essere perfettamente in linea con quella «società liquida-moderna» che è stata ben tratteggiata (da un punto di vista estetico) dal filosofo e sociologo polacco, Zygmunt Bauman (PoznaÅÂÂ?, 19 novembre 1925 – Leeds, 9 gennaio 2017). In queste medie e grandi tele, Giovanni Spinazzola coglie l'atmosfera che appartiene alle grandi metropoli, nazionali ed internazionali. Pensiamo, ad esempio, alle città di Milano e New York. Ed in altri casi afferra, invece, il clima che si respira nei borghi antichi che si sono trasformati, a mano a mano, in città d’arte, come nel caso di Matera. Nell’uno e nell’altro caso (dei grandi e dei piccoli centri urbani) è identica la «tensione cosmopolita» che si avverte e che si respira. Questo dimostra che la «globalizzazione» (proprio come diceva il succitato Zygmunt Bauman) ha prodotto, a tutti i livelli, dei comportamenti «che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante ed incerto, fluido e volatile».1 E dove «il cambiamento è l'unica cosa permanente e l'incertezza è l'unica certezza».2
Giovanni Spinazzola registra nei suoi dipinti queste «realtà urbane»: difformi nella sostanza ma uguali nei loro contenuti di fondo. E lo fa producendo dei quadri di forte «intensità emotiva» che sono una «espressione plastica» di una realtà che non è quella che appare ma che è quella che si manifesta, invece, solo e soltanto, nella «mente creativa» dell’artista. Si tratta di un processo tipico dell’«ermetismo dell’arte». E questo è un fenomeno che è caratteristico del prendere una immagine così com’essa è per (dopo) «destrutturarla» in qualcosa di altro. Ovvero di «immaginifico» che supera le «evidenze visive». L’analisi dell’«operare artistico» di Giovanni Spinazzola porta, inoltre, a considerare (con la dovuta attenzione) la «velocità di segno» e la «potenza di tratto» con cui egli opera sulla tela. Dobbiamo, inoltre, riconoscere (a questo riguardo) che la sua «pennellata asciutta» e la sua «tavolozza vibrante» costituiscono un «unicum» che lo rende puntualmente riconoscibile tra i numerosi artisti (per lo più di marca «postimpressionista») che praticano, oggi, questo «genere pittorico» dai colori forti e vividi, e dagli accentuati contrasti di luci ed ombre.
L’intento di Giovanni Spinazzola (nel dipingere questi «pittogrammi metropolitani») è quello di realizzare un «sistema pittorico» equilibrato ed armonico, di forte impatto emotivo. In definitiva, l’obiettivo che egli si pone è quello di realizzare un tipo di lavori che possa avere una «validità assoluta» in termini di «resa realistica» e (di riflesso) di risposta ai «canoni classici» della pittura. Egli sa benissimo (del resto) che questi sono gli unici elementi che resteranno per sempre validi e che non passeranno mai di moda, per il perenne senso di «utilità» e «concretezza» che essi manifestano, portano con se e che è necessario che debbano avere per mostrare il «bello». Nella fattispecie ci riferiamo al rispetto: della «prospettiva aerea» e all’osservanza della «profondità di campo» i quali assicurano al dipinto (tutti e due) la possibilità di rappresentare (su una stessa superficie piana): l’«altezza», la «lunghezza» ed i «livelli di profondità» (che debbono risultare il più possibile nitidi e netti).
In ogni caso Giovanni Spinazzola si spinge oltre tutto questo. E attraverso un «artificio retorico» (preso in prestito dal mondo del teatro, di concezione pirandelliana) si spinge a descrivere e a superare la «Quarta Parete» del «tempo» e ancor più di quel «muro immaginario» che divide l’autore dell’opera d’arte, con il suo fruitore. Sappiamo che ci sono «Porte Ermetiche» che nessuno ha mai attraversato. E che ci sono muri e pareti che nessuno ha mai valicato. Ma Giovanni Spinazzola (come novello Giasone alla ricerca del «vello d'oro artistico» e come «pellegrino-alchimista» delle tinte e dei toni) si spinge «fin dentro» quei territori che fanno parte della «finzione» e della «realtà», che portarono lo scrittore siciliano, Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936) a sostenere che «ogni realtà è un inganno». A questo stesso riguardo Pablo Picasso affermò che «l'arte è una menzogna che ci avvicina alla verità». A Giovanni Spinazzola spetta il merito di aver superato (con i suoi dipinti) questo «confine immaginario» consegnandoci dei lavori dove minore sembra essere il livello della «fandonia» e della «bugia». E dove le «fantasticherie» sono un processo che appartiene alla immaginazione e alla creatività. E non (invece) all’inganno e alla falsità. Quanto ne deriva (alla fine di tutto questo) è una verità che appare in trasparenza di un «processo lucido» fatto di luci, colori e barlumi luminosi, oltre che di «bagliori» di pensieri, idee e progettualità.
Per concludere dobbiamo dire che una volta che cade questa «Quarta Parete» esce, in superficie, una «forma specchiata» d’imitazione di una «realtà non visibile»: che è proprio quella che appartiene ad una dimensione «occultata» e «segreta» che altro non è che un’«estensione metafisica» e «metempirica» della nostra mente. E che nel «passaggio fattuale» successivo (proprio dell’esecuzione pratica della pittura) si «espande» nei mondi del «vissuto creativo» e dell’«espressione impercettibile». In ultimo, occorre osservare che appare alquanto audace, ma per nulla imprudente, la soluzione adottata da Giovanni Spinazzola d’inserire (all’interno del suo «codice pittorico») le istanze moderne: sia dell’Action Painting (pensiamo al ricorso, che egli fa, al «dripping», ovvero al «colore sgocciolato»); sia della Pop Art (con delle «icone pop-impalpabili» che si «stemperano» nelle forme del paesaggio come fossero degli «ectoplasmi in trasparenza») e sia del Postimpressionismo (sviluppato per grandi «macchie di colore») di marca opposta al Macchiaiolismo e al Puntinismo, di antica memoria accademica.

 

 

 

GIOVANNI SPINAZZOLA

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